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Avv. Roberta StasiCounsel, Trevisan & Cuonzo | L’approfondimento è stato pubblicato sulla Newsletter ICC Agri-Food Hub di Novembre 2023. 

Fino ad oggi la legislazione europea si è preoccupata di tutelare le ‘eccellenze locali’ soltanto in relazione ai prodotti agroalimentari, i vini e le bevande spiritose, ma da domani anche le produzioni tradizionali dell’artigianato e dell’industria avranno la loro protezione. 

Già dal 2013 la Commissione Europea aveva avviato una serie di consultazioni al fine di vagliare l’opportunità di introdurre un sistema di protezione ad hoc per le eccellenze artigianali ed industriali, ma solo lo scorso 27 ottobre 2023 il progetto è diventato legge, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo Regolamento Europeo 2023/2411, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali. 

Una Indicazione Geografica (Geographical Indication, di seguito “GI”) è un diritto di proprietà intellettuale, con cui si riconosce ad un prodotto un forte legame con una determinata area geografica, che ne esalta specifiche caratteristiche e qualità. Al di là della tutela generale già offerta alle GI dai singoli Stati membri (per l’Italia v. artt. 29 e 30 CPI), come detto, fino ad oggi, la protezione delle indicazioni geografiche è stata concessa a livello dell’Unione soltanto a vini (Reg. UE 1308/2013), bevande spiritose (grappe, liquori, etc., Reg. UE 787/2019) e prodotti agricoli e alimentari (Reg. UE 1151/2012). 

Pregio del nuovo Regolamento sarà quello di tutelare, a livello europeo, i prodotti artigianali e industriali, come, per esempio, gioielli, porcellana, vetro, marmo, prodotti tessili e altri. Si pensi al vetro di Murano, al marmo di Carrara, alla pietra di Trani, alle ceramiche di Grottaglie, ai cristalli di Boemia, alle porcellane di Limoges, ai ricami di Madeira, ai coltelli di Solingen, solo per citarne alcuni, che vengono associati al particolare luogo geografico in cui sono realizzati. 

La novità, pertanto, rispetto alla tutela fino ad oggi apprestata dai marchi (anche collettivi o di certificazione) e dalla normativa in tema di concorrenza sleale, è proprio quella di poter certificare, a livello dell’Unione Europea, il legame tra qualità e origine geografica, che consentirà di individuare e riconoscere le qualità attribuite a specifiche competenze e tradizioni locali. 

Scopo di tale Regolamento è, quindi, quello di poter premiare e tutelare il “saper fare” e l’autenticità delle tradizioni, incentivando, così, una maggiore innovazione e più investimenti nell’artigianato, nonché favorendo la competitività delle micro-piccole e medie imprese, con conseguenti vantaggi economici e positive ricadute occupazionali, anche per il turismo. 

Entrando più nel dettaglio, ai sensi del nuovo Regolamento per ‘prodotti artigianali e industriali’ si intenderanno quelli:  

«a) realizzati interamente a mano, oppure con l’ausilio di strumenti manuali o digitali, o mediante mezzi meccanici, con il contributo manuale che costituisce una componente importante del prodotto finito, oppure b) realizzati in modo standardizzato, compresa la produzione in serie e mediante l’uso di macchine» (art. 4). 

Per usufruire della protezione data dalle GI, i prodotti dovranno basarsi su metodi di produzione locali, radicati nel patrimonio culturale e sociale dell’area di provenienza, e, pertanto, è stato previsto (art. 6) che ciascun prodotto dovrà presentare le seguenti caratteristiche: 

  • essere originario di un luogo, una regione o un paese determinati, 
  • la sua qualità, reputazione o altra caratteristica essere essenzialmente attribuibili all’origine geografica dello stesso, 
  • almeno una delle sue fasi di produzione avere luogo nella zona geografica delimitata,  
  • non essere contrario all’ordine pubblico. 

Il prodotto, come avviene per le GI nel mondo del wine e del food, dovrà rispettare un disciplinare di produzione, che dimostri che tutti i requisiti appena elencati (di cui all’art. 6) sono soddisfatti, specificando le fasi di produzione che hanno luogo nella zona geografica delimitata.   

Degna di nota è la previsione secondo cui, ai fini della verifica della conformità al disciplinare di produzione, i produttori interessati potranno presentare all’autorità competente una auto-dichiarazione, da rinnovarsi ogni tre anni, per dimostrare il mantenimento dei requisiti (art. 51). 

Proprio perché le GI potranno essere utilizzate da tutti i produttori che facciano parte dell’area geografica delimitata, i soggetti richiedenti la domanda di registrazione potranno essere un gruppo di produttori, o, in deroga, un singolo produttore, nell’ipotesi in cui quest’ultimo sia l’unico interessato, o, ancora, un’autorità regionale o locale o ente privato, designato dallo Stato membro (art. 8).    

Per quanto riguarda la procedura di registrazione di una GI, essa risulta articolata su due fasi, la prima a livello nazionale e la seconda, finalizzata alla valutazione e all’approvazione della richiesta di registrazione, gestita dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO). 

Specificatamente, nella prima fase i produttori dovranno presentare le loro domande di GI alle autorità designate degli Stati membri, le quali, solo a seguito di esito positivo della procedura di opposizione, presenteranno la domanda all’EUIPO. La seconda fase prevede che l’EUIPO, esamini le domande, conduca una procedura di opposizione a livello mondiale e, al termine, adotti una decisione, concedendo o rifiutando la protezione. 

Una volta adottata la decisione di registrazione, l’EUIPO iscriverà nel Registro dell’Unione – pure di nuova istituzione, ai sensi dell’art. 37 – il nome registrato, la classe, il Paese o i Paesi di origine del prodotto. 

È prevista anche la possibilità di presentare richiesta diretta all’EUIPO, per gli Stati membri che non disporranno di una procedura di valutazione nazionale (artt. 19-20). 

Una volta iscritta nel Registro, una GI riceverà protezione rispetto a:  

«a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto dell’indicazione geografica per prodotti che non sono oggetto di registrazione, qualora questi ultimi siano paragonabili ai prodotti oggetto di registrazione o qualora l’uso di tale nome sfrutti, indebolisca, svigorisca o danneggi la reputazione dell’indicazione geografica protetta, 

b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione del nome protetto come indicazione geografica, anche se la vera origine dei prodotti o servizi è indicata o se l’indicazione geografica protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali «genere, «tipo», «metodo», «alla maniera», «imitazione», «gusto», «fragranza», «come» o un’espressione simile, 

c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle caratteristiche essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, sui materiali pubblicitari, nei documenti o nelle informazioni fornite su interfacce online relative al prodotto, così come l’utilizzo, per il confezionamento del prodotto, di recipienti che possano indurre in errore quanto alla sua origine, 

d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore quanto alla vera origine del prodotto» (art. 40). 

La tutela si applicherà anche ai nomi di dominio su internet, alle merci vendute a distanza (es. e-commerce) ed anche nel caso in cui un prodotto o un manufatto contenga o incorpori un prodotto designato con una GI, previo consenso del titolare di quest’ultima (artt. 40 e 41). 

Viene regolamentato anche il non infrequente caso di ‘omonimia’, prevedendosi, in via generale come non possa essere registrato un nome omonimo o parzialmente omonimo di una GI già registrata, a meno che, nella pratica, non esista una differenziazione sufficiente delle condizioni d’uso e di presentazione locali e tradizionali, scongiurandosi, così, il rischio di confusione per i consumatori (art. 43). 

Avverso le condotte poste in essere in violazione delle GI si potranno esperire i rimedi generalmente già previsti, sia a livello amministrativo che giudiziale, per la tutela delle privative industriali.  

Il legislatore europeo, poi, si è dimostrato molto attento anche nel disciplinare la relazione tra le GI e i marchi, al fine di evitare che la compresenza dei due titoli su un medesimo prodotto possa generare un rischio di confusione per i consumatori. Di conseguenza, fatte salve le due ipotesi di coesistenza espressamente previste (e, cioè, i. quella del marchio già depositato, registrato o usato in buona fede in data anteriore alla registrazione della GI e ii. quella della compresenza, sulle etichette e sugli imballaggi, della GI assieme ai marchi di certificazione o ai marchi collettivi, art. 44, par. 4 e 5), è stato disposto il divieto di registrazione di un marchio, se la relativa domanda è stata presentata dopo la data di deposito della domanda di registrazione dell’indicazione geografica ed il divieto di registrazione di una GI, avvenuta successivamente a quella del marchio, nel caso in cui il marchio goda di notorietà, e l’indicazione geografica potrebbe indurre il consumatore in errore sulla vera identità del prodotto (art. 44). 

Gli Stati membri, l’EUIPO, la Commissione e le parti interessate avranno due anni di tempo per prepararsi alla piena applicazione del nuovo sistema, prevista per il 1° dicembre 2025. 

Le GI nazionali di prodotti artigianali e industriali esistenti cesseranno di esistere un anno dopo la data di applicazione del Regolamento, atteso che entro tale data gli Stati dovranno comunicare alla Commissione e all’EUIPO quali delle denominazioni già protette (o solo utilizzate) intendano (continuare a) tutelare a norma del Regolamento. 

L’Italia, terra di tradizioni autentiche, innumerevoli talenti e rinomate eccellenze artigiane, non può che accogliere con favore l’avvento del nuovo sistema di protezione, che sarà fondamentale sia per l’identificazione e la crescita del territorio stesso, ma soprattutto, per la salvaguardia dell’artigianato locale. 

È questa una grossa opportunità di riscatto per tutte quelle eccellenze artigiane e industriali che, alle volte, proprio a causa della loro localizzazione geografica, non sono riuscite ad ottenere la meritata fama e visibilità presso i consumatori, che d’ora in avanti, invece, grazie alla registrazione come GI, potranno finalmente riscuotere.    

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Cos’è ICC Agri-Food Hub

È un ecosistema collaborativo che riunisce imprese, istituzioni, esperti e accademici a livello globale nel settore agroalimentare. Nato in Italia, opera negli oltre 100 Paesi in cui è presente ICC e ha l’obiettivo di promuove il multilateralismo, lo sviluppo sostenibile e pratiche responsabili per migliorare il commercio globale nel settore agroalimentare. In qualità di Special Observer presso le Nazioni Unite, lCC agevola e promuove opportunità di collaborazione tra il settore privato e le agenzie UN con sede a Roma (FAO, WFP, IFAD).
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